Accesso agli atti e documentazione edilizia del Condominio

Può l'Amministratore richiedere copia della documentazione edilizia inerente il Condominio che amministra oppure ha necessità di un'apposita delega assembleare? Possono essere rilasciati gli elaborati grafici o su di essi vigono diritti di privacy o diritti d'autore che ne impediscono l'estrazione in copia?

Soprattutto in questo ultimo anno, in cui l'accesso agli atti sulle pratiche edilizie è di fondamentale importanza per poter verificare i primi requisiti (regolarità urbanistica) di accesso al Superbonus 110%, è necessario approfondire l'argomento.

Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 e ss.mm.ii., consente ai cittadini di veder garantiti i propri diritti rispetto all'agire della pubblica amministrazione, in quanto esso può essere esercitato sia nel corso del procedimento amministrativo sia a procedimento concluso oppure a prescindere da qualsiasi procedimento.

Il diritto di accesso rappresenta una delle principali estrinsecazioni del criterio di trasparenza che, insieme a quelli di imparzialità, economicità, efficacia e pubblicità, deve reggere l'attività amministrativa.
Prima dell'entrata in vigore della legge 241/1990, non era riconosciuto nel nostro ordinamento un principio che sancisse l'accessibilità, in termini generali, degli atti amministrativi ma, al contrario, vigeva un generale principio di segretezza e riservatezza (artt. 3  e 15 DPR 3/1957 Testo unico sugli impiegati civili dello Stato).
Per questo motivo, l'introduzione generalizzata del diritto di accesso documentale in materia di procedimento amministrativo viene da sempre vista come una storica innovazione della pubblica amministrazione italiana in punto di trasparenza; anche se, a dire il vero, l’accesso agli atti degli enti locali, e quindi anche ai provvedimenti in materia urbanistico-edilizia e del settore degli appalti pubblici locali, erano già stati oggetto di specifica disposizione normativa.
Infatti, l’art. 25, c. 1, L. 27 dicembre 1985, n. 816, riconosceva il diritto di tutti i cittadini a prendere visione dei provvedimenti degli enti locali, rinviando alle singole amministrazioni di stabilire, con proprio regolamento, la disciplina dell’esercizio di tale diritto; disposto poi ripreso pressoché pedissequamente nel Testo unico degli enti locali D.Lgs. 267/2000 (art.10).
Il diritto di accesso documentale viene regolato dalla legge 241/90 agli articoli da 22 a 28.
I primi due commi dell’art. 22 "Definizioni e principi in materia di accesso” dispone:

comma 1. Ai fini del presente capo si intende
a)    per "diritto di accesso", il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi;
b)    per "interessati", tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso;
c)    per "controinteressati", tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza;
d)    per "documento amministrativo", ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale;
e)    per "pubblica amministrazione", tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario”.

Comma 2. “L'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza”.

Il diritto di accesso compete, quindi, a chiunque sia titolare di situazioni soggettive giuridicamente apprezzabili; infatti sono "interessati" tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento del quale è chiesto l'accesso.
Quanto ai soggetti obbligati a consentire l'esercizio di tale diritto, l'art. 23 menziona le pubbliche amministrazioni, le aziende autonome e speciali, gli enti pubblici, i gestori di pubblici servizi; nei confronti delle Autorità di garanzia e vigilanza, invece, il diritto di accesso si esercita nell'ambito dei rispettivi ordinamenti.
I casi in cui non è ammissibile il diritto di accesso sono previsti dall’art. 24 della legge 241/1990.
Quanto all'oggetto, il legislatore ne ha fornito una definizione generale: è considerato documento amministrativo ogni rappresentazione grafica, cinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie, del contenuto di atti della Pubblica amministrazione (anche interni), ovvero formati dai privati ed usati ai fini dell'attività amministrativa. Pertanto, la conoscibilità degli atti amministrativi va garantita anche per gli atti di diritto privato della p.a. e per i documenti ad essi collegati, poiché il diritto di accesso è riferito non all’atto in sé, ma all’attività dell’amministrazione.
Per quanto riguarda l'esercizio del diritto di accesso, esso si esercita mediante esame e/o estrazione di copia degli atti amministrativi.
L’art. 22, lettera d), si riferisce ai documenti “detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse”; perciò la domanda di accesso va rivolta alla pubblica amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente; mentre in base all'art.2, co.2 DPR nr.184/2006 (Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi) tale diritto si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti alla stessa data dalla P.A., nei confronti dell'autorità competente a formare l'atto conclusivo.
La richiesta di accesso deve indicare gli estremi del documento che si vuole consultare o avere in copia, oppure gli elementi che ne consentano l’individuazione; occorre provare la propria identità e gli eventuali poteri rappresentativi.
Inoltre, tale richiesta dev'essere motivata, ed occorre spiegare e se necessario dimostrare quale sia l'interesse personale e concreto collegato alla richiesta.
Il procedimento di accesso può avere inizio attraverso:

a) un'istanza informale, consistente in una richiesta anche verbale (con alcune indicazioni essenziali sui documenti da vedere e fotocopiare) da sottoporre all’esame immediato della P.A., senza formalità;

b) un'istanza formale, che può essere sempre prescelta dall'interessato e deve essere scritta e motivata; essa però è necessaria qualora siano presenti controinteressati, titolari di un diritto alla riservatezza di dati sensibili, oppure quando non risulti possibile l'accoglimento immediato della richiesta in via informale, ovvero quando sorgono dubbi sulla legittimazione del richiedente, sulla sua identità, ecc.

L'amministrazione può decidere di rifiutare, limitare o rinviare temporaneamente l'accesso, specificandone e motivandone le ragioni nella risposta (art. 9 DPR 184/2006); se, invece, l'amministrazione non risponde entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della richiesta questa si intende respinta. Vale a dire che il silenzio della P.A. in seguito alla richiesta di accesso viene equiparato ad un diniego, di qui il nome di “silenzio-diniego”.
Fin dalla previsione di cui all’art. 31 co.8 della Legge n. 1150\1942 (Legge urbanistica) nel testo modificato dall’art. 10 della Legge n. 765\1967, che consente a chiunque di prendere visione, presso gli uffici comunali, della licenza edilizia (sostituita prima dalla concessione edilizia, poi dalla autorizzazione edilizia ed infine dal permesso di costruire) e dei relativi atti di progetto, l’ordinamento ha previsto un regime di pubblicità più esteso di quello della Legge n. 241/1990.
Infatti già la legge urbanistica nazionale riconosceva un diritto di accesso agli elaborati progettuali, sia pure solo mediante visione e non anche mediante estrazione di copia.
In ambito nazionale, il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) all’art. 20 co.6 (Procedimento per il rilascio del permesso di costruire) attualmente dispone che “Dell’avvenuto rilascio del permesso di costruire è data notizia al pubblico mediante affissione all’albo pretorio”.
Si è già scritto di come l’art. 22, al comma 1, della Legge n. 241\1990 riconosca a chiunque vi abbia interesse, per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, il diritto di accesso ai documenti amministrativi e come, al comma 2, si specifichi cosa si intenda per documento amministrativo.

Sull'argomento in esame, un primo importante orientamento giurisprudenziale è rinvenibile nella sentenza del T.A.R. Lombardia, Sez. Brescia, n. 1198/1992 con la quale si stabilisce che, sebbene sugli elaborati progettuali sussista un diritto di autore, l’accesso alla relativa documentazione non è limitato alla sola “visione” degli atti, come previsto ante Legge n. 241/1990 dalla Legge n. 1150/1942, senza quindi possibilità di rilascio di copie per coloro che pure vi abbiano interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, trattandosi di realizzazioni destinate ad essere comunque liberamente visibili, per il solo fatto della loro collocazione in luoghi pubblici.
Pertanto, l'Amministrazione comunale, secondo il giudice amministrativo, deve rilasciare agli aventi titolo copia degli elaborati progettuali riguardanti le concessioni edilizie presumibilmente da essi ritenute lesive dei propri interessi, salva restando, da parte degli autori dei progetti stessi, ogni tutela giurisdizionale, nelle competenti sedi civili e penali, nell’ipotesi in cui coloro che abbiano ottenuto copia degli atti in questione li utilizzino a fini diversi da quelli per cui il rilascio è avvenuto, ovvero ancora consentano a terzi di porre in essere altrettanto illecite utilizzazioni.
Il suddetto orientamento è stato successivamente confermato da numerose altre pronunce (T.A.R. Lombardia sezione Brescia sent. n. 887 del 10 ottobre 1997; TAR Abruzzo sezione Pescara sent. n. 456 del 19 ottobre 1995) tra le quali quella del TAR Puglia, sez. II, Bari, (sent n. 544 del 24 luglio 1997) secondo cui, anche agli elaborati progettuali coperti dal diritto di autore si estende il diritto di accesso per coloro che vi hanno interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, trattandosi di realizzazioni destinate ad essere comunque liberamente visibili per il solo fatto della loro collocazione in luoghi pubblici; e quella più recente del TAR Marche, Sez. I sentenza n. 923/2014, che ha evidenziato come in materia di rilascio dei titoli edilizi, esistano specifiche disposizioni di legge e regolamentari che, sulla scorta della nota disposizione di cui all’art. 31 della Legge n. 1150/1942, come modificato dalla c.d. legge ponte n. 765/1967, prevedono un regime di pubblicità molto più esteso di quello che, prima dell’avvento del c.d. diritto di accesso civico (D.Lgs. n. 33/2013), era contemplato dalla Legge n. 241/1990. Si veda, in particolare, l’art. 20, comma 6, del T.U. n. 380/2001, nella parte in cui stabilisce che dell’avvenuto rilascio di un titolo edilizio va dato avviso all’albo pretorio.
Tale disposizione non può che essere interpretata nel senso che tale onere di pubblicazione è funzionale a consentire a qualsiasi soggetto interessato di visionare gli atti del procedimento, in ragione di quel controllo “diffuso” sull’attività edilizia che il legislatore ha inteso garantire (vedasi anche l’art. 27, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001).
L’illegittimità della eventuale esclusione dall’accesso trova conferma anche in due pareri, peraltro temporalmente distanti tra loro, emessi nel 1997 e nel 2011, dalla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri; nel primo, quello del 1997 si evidenzia come “Non vi sono ragioni per la esclusione dall’accesso dei documenti riguardanti gli atti procedimentali concernenti il rilascio o il diniego di autorizzazioni e relativa documentazione.”; con il secondo parere del 31 maggio 2011, la medesima Commissione ha confermato il precedente orientamento, sostenendo che “Tutti gli elaborati progettuali allegati alla pratica edilizia possono essere rilasciati in copia, sia perché rientrano nell’amplissima formulazione data dalla Legge n. 241/1990 (art. 22 co 1 lett. d) - comprendente ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie, detenuta da una Pubblica Amministrazione e relativa ad attività di pubblico interesse - sia perché, anche se opera di ingegno, si deve escludere che il diritto d’autore ne impedisca l’accesso ove siano strumentali alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti (arg. ex C.d.S., Sez. V, 10.1.2005, n. 34).
In dottrina, sin dai primi anni di operatività della legge 241\1990, è stato evidenziato il fatto che la presentazione di un elaborato planovolumetrico, in allegato alla domanda di concessione edilizia, implica la potestà dell’ente pubblico di utilizzarlo ai fini della propria attività amministrativa; la concessione edilizia non è costituita dal solo provvedimento autorizzativo, ma anche dalle rappresentazioni grafiche accluse. Non si tratta di utilizzazione economica degli elaborati progettuali (tutelata in quanto tale dalla legge 633\1941), ma di utilizzazione amministrativa.
Altra autorevole dottrina concorda sul fatto che la nuova normativa consenta il rilascio di copia anche del progetto, oltre che dell’atto autorizzativo, diversamente da quanto in precedenza ritenuto.

Per quanto sopra premesso si ritiene che ai sensi degli artt. 1 co.2, 22, 23, 24 della legge 241/90; degli artt. 2 co.2, 3 et 9 del DPR 184/2006; degli artt. 1129 e 1130 cod. civ., l'Amministratore condominiale può formulare richiesta di accesso agli atti anche senza previa autorizzazione assembleare; il responsabile del procedimento non può richiedere all'istante la produzione della autorizzazione assembleare allo scopo di evitare la procedura di individuazione di eventuali controinteressati  e l'invio delle relative comunicazioni.
Al più alla richiesta di accesso agli atti, l'Amministratore condominiale potrà allegare copia del proprio atto di nomina.
E ciò per le ragioni che si espongono qui di seguito.
La richiesta di visione e/o estrazione copia di documenti depositati e custoditi in archivio comunale va compilata e sottoscritta da chi abbia un titolo collegato al documento o alla pratica per cui si inoltra l'istanza; solo nel caso in cui si tratti di soggetto diverso dal titolare diretto (es. un incaricato, un tecnico, un delegato) andrà allegato l'atto corrispondente e legittimante (es. delega, incarico, procura, preliminare di compravendita, ecc).
Nella richiesta di accesso il richiedente, oltre ad indicare i propri dati anagrafici, recapiti personali ed allegare i documenti di riconoscimento, è tenuto a specificare sia a che titolo la stessa viene inoltrata (ad esempio se presenta istanza in qualità di titolare, di proprietario, di affittuario, di Amministratore condominiale ect.) sia i motivi specifici che la sottendono.
Inoltre, ai sensi dell'art.9 co.1 DPR 184/2006 “il rifiuto, la limitazione o il differimento dell'accesso richiesto in via formale sono motivati, a cura del responsabile del procedimento di accesso, con riferimento specifico alla normativa vigente, alla individuazione delle categorie di cui all'articolo 24 della legge, ed alle circostanze di fatto per cui la richiesta non può essere accolta così come proposta”.
Pertanto, ne consegue che qualora a presentare una istanza di “accesso documentale” sia un Amministratore di condominio, se egli compila e sottoscrive la domanda specificando di agire in nome, per conto e nell'interesse del Condominio (quindi in rappresentanza di tutti i singoli condòmini) ed evidenziando la correlazione tra l'interesse qualificato alla base dell'istanza di accesso ed i documenti oggetto di richiesta, costui assume la veste di titolare diretto dei documenti di cui richiede la produzione e quindi soggetto diretto e qualificato a presentare l'istanza; e ciò senza necessità di allegare alcun atto legittimante che, al più, può essere individuato nell'atto di nomina, ma non certamente in una delibera assembleare ad hoc.
E ciò anche considerando quanto previsto dall'art.9 del DPR 184/2006 in tema di motivi di rifiuto, limitazione o differimento dell'accesso formale; difatti la mancata preventiva autorizzazione assembleare non rientra tra le ipotesi di esclusione ex art.24 della legge, né viola uno specifico motivo, visto che l'Amministratore vanta un titolo diretto ed un interesse giuridicamente rilevante e meritevole di tutela rispetto all’immobile oggetto delle pratiche edilizie descritte sulla richiesta e sottoscrive la domanda sotto la propria responsabilità (ai sensi della legge 445/2000); né il rifiuto può essere ricondotto tra le “circostanze di fatto per cui la richiesta non può essere accolta così come proposta”, giacché la richiesta di accesso documentale è atto di ordinaria amministrazione che, quindi, non necessita di autorizzazione assembleare.
In tale quadro, si rappresenta come non sia nemmeno conforme al dettato normativo che la P.a. richieda l'autorizzazione assembleare al fine di evitare di procedere con l'individuazione di eventuali controinteressati e l'invio delle relative comunicazioni.
Ed infatti:
a) tale richiesta contrasterebbe con l'art.3 co. 1 DPR 184/2006 secondo cui è la pubblica amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, a dover individuare eventuali soggetti controinteressati, di cui all'articolo 22, comma 1, lettera c), della legge, 241/90; e se questi sono presenti, la stessa è tenuta a darne comunicazione ai medesimi.
Del resto, si dubita che, nel caso come quello in esame, possano individuarsi soggetti controinteressati; in effetti l’atto di nomina dell'Amministratore condominiale è un atto collettivo, perciò, anche se non è stato eletto all'unanimità, l'Amministratore, nell’esercizio delle sue funzioni, rappresenta tutti i Condòmini indistintamente; pertanto, quando costui presenta istanza di accesso agli atti relativamente a pratiche di edilizia privata, afferenti al condominio che rappresenta, egli agisce anche in nome e per conto di ogni singolo Condomino.
Per cui, non si vede come una valutazione in concreto della natura e dei contenuti dei documenti oggetto dell'accesso, possa condurre la P.A. ad identificare i singoli Condòmini come coloro che potrebbero ricevere un pregiudizio dal rilascio di autorizzazione ad accedere ad atti dagli stessi richiesti, sebbene per il tramite dell'Amministratore che li rappresenta.
Una eventuale richiesta di delibera assembleare striderebbe sia con l'art.1 comma 2 della legge 241/90, secondo cui la P.A. non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell'istruttoria; sia con il principio di imparzialità, secondo cui la P.A. ha l'obbligo di garantire ai soggetti privati trattamenti simii in situazioni analoghe e trattamenti differenziati in situazioni differenti. In tal caso, se all'Amministratore di condominio venisse richiesta l'autorizzazione assembleare, egli non verrebbe trattato come un soggetto titolare di un diritto diretto e qualificato, ma come un richiedente avente diverso titolo (ossia, ad esempio, come un mero incaricato a presentare la domanda).
Per quanto riguarda la questione relativa all'accesso alla documentazione progettuale presentata da privati per interventi sul patrimonio edilizio, alla luce di quanto esposto, si ritiene che l’amministrazione pubblica debba rilasciare agli aventi titolo (quale è l'Amministratore di condominio che presenta istanza di accesso agli atti relativamente a pratiche di edilizia privata afferenti al Condominio che rappresenta e che quindi agisce anche in nome e per conto di ogni singolo Condomino) copia degli elaborati progettuali riguardanti atti autorizzativi di opere edilizie, salva restando, da parte degli autori dei progetti stessi, ogni tutela giurisdizionale, nelle competenti sedi civili e penali, nell’ipotesi in cui coloro che abbiano ottenuto copia degli atti, li utilizzino a fini diversi da quelli per cui il rilascio è avvenuto, ovvero consentano a terzi di porre in essere illecite utilizzazioni, in quanto ciò non interferisce con limitazioni rispetto ad esigenze di tutela della riservatezza e diritto di autore.

Va inoltre evidenziato che in un periodo in cui a causa delle attuali misure di contrasto alla pandemia e di prevenzione del contagio da COVID-19 sono vietati gli assembramenti e fortemente sconsigliate le riunioni, la richiesta di un'aventuale delibera assembleare che autorizzi l'accesso agli atti oltre che illegittima metterebbe (inutilmente) a rischio di contagio gli stessi partecipanti alla riunione. Non da meno i tempi necessari per organizzare ed adottare dette delibere farebbero perdere tempo prezioso ai condomini che intendono usufruire del Superbonus 110% previsto dal D.L. 34/2020.

 

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